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Borse / Le occasioni «uniche» dei fondamentali

di Antonella Olivieri

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14 Ottobre 2008

Se ci si affidasse a pure considerazioni sui fondamentali del mercato, non ci sarebbero molti dubbi sul fatto che le quotazioni di Borsa sono ridicolmente basse. In altre parole, che le azioni sarebbero da comprare a piene mani, e non da ieri. Gli indicatori che in condizioni "normali" segnalerebbero grandi opportunità d'acquisto vanno tutti nella stessa direzione.
Basta dare una scorsa ai p/e delle blue chip di Piazza Affari per rendersene conto. Venerdì scorso, al termine di una settimana falcidiata dall'Orso, il prezzo delle azioni Seat-Pagine Gialle era pari ad appena 2,9 volte gli utili previsti per quest'anno (sono stime Intermonte, ma ormai manca poco per concludere il 2008), il rapporto prezzo/utili della Fiat era solo di 3,6, quello di Buzzi-Unicem di 4,1 e persino quello dell'Eni inferiore a 5. La media ponderata per le 40 blue chip che compongono l'indice S&P-Mib è un modesto 8,6 contro la media storica che è superiore a 20.
A livello mondiale i p/e si sono più che dimezzati rispetto a un anno fa, passando, secondo quanto segnala una nota di Barclays aggiornata a venerdì, da 18 a 8,99. Per gli analisti della banca inglese si tratta di occasioni d'acquisto che si presentano una sola volta nella vita, anche se nessuno può dire se già ora si sia veramente toccato il fondo.
Goldman Sachs, in un report fresco di stampa sulle strategie di portafoglio per l'azionario europeo, calcola che per i mercati azionari del Vecchio continente il p/e medio si attesti intorno a 8,6 volte, un livello pari a quello del 1982 quando il rendimento sui Bund (i titoli di Stato tedeschi) decennali era all'8%, quello dei Gilt britannici al 12% e l'economia mondiale annaspava in piena recessione.
Credit Suisse segnala che, a livello globale, i mercati azionari sono in fase di ipervenduto, come mai da settant'anni a questa parte. E che i p/e sono molto più bassi di quanto lo fossero nelle precedenti stagioni dell'Orso: più bassi che nel 2002, nel 1990 e persino nel 1987.
Morgan Stanley parla di «valutazioni estreme», citando il fatto che in Europa il rapporto tra il dividend yield (il rendimento delle azioni dato dal dividendo pagato), pari mediamente al 5,9%, e il rendimento dei bond governativi (4,2%) non è mai stato così alto. «Anche se si ipotizzasse un calo dei dividendi del 70% sui titoli finanziari – sottolinea il report – il dividend yield sarebbe più alto del rendimento dei bond per la prima volta da cinquant'anni».
Le quotazioni di Borsa scontano ormai uno scenario di caduta degli utili societari di almeno il 30% nel 2009. Ciò significa che solo se il consuntivo dell'anno prossimo dovesse risultare peggiore di quello che esprimono oggi i prezzi di mercato, allora sarebbero giustificabili altri ribassi. Viceversa sarebbero giustificabili recuperi delle quotazioni. Ma questo si potrà verificare solo ex-post.
Il problema è che, se si passa dalle analisti che si basano sui fondamentali alla situazione perversa che si è manifestata sui mercati, si trovano più motivi per spiegare le vendite che gli acquisti. I fondi comuni, pressati da un'ondata di riscatti senza precedenti, sono stati costretti a liquidare i propri asset per far fronte ai rimborsi, in misura stimabile tra il 30% e il 50%. Gli hedge fund per lo stesso motivo sono costretti a chiudere le posizioni e questo si traduce qualche volta in acquisti obbligatori, ma molto più spesso in vendite forzate. Chi ha venduto credit default swap sul debito Lehman, in un mercato non regolato e come tale sprovvisto di una controparte centrale a garanzia, ora dovrà recuperare qualcosa come 300 miliardi di dollari per onorare gli impegni come le controparti. Le banche, alle prese con i problemi di rifinanziamento quantomeno sull'interbancario, hanno più motivi per restare liquide che non per investire in azioni. I risparmiatori, inutile dirlo, non ne vogliono sapere.
Ieri però le Borse hanno festeggiato grandi rialzi. Presto per cantar vittoria, ma la buona notizia è che finalmente i Governi e le autorità hanno capito che la gravità della situazione imponeva azioni decise e coordinate, se si vuole cercare di recuperare la materia prima indispensabile per far funzionare i mercati: la fiducia. Probabilmente, come sostiene Credit Suisse, non si riuscirà a evitare la recessione. Ma se solo si riuscirà a non trasformarla in depressione, forse il peggio per le Borse potrà dirsi scongiurato.

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